Pubblichiamo qui la 1° parte dell’omelia funebre di don Pasquale (15 giugno 2021).

Anzitutto vi confesso che non avrei mai immaginato di trovarmi in questa situazione; quando mi è stato chiesto ho pensato di non essere la persona giusta. Poi ho accettato, perché, nel mio percorso vocazionale e sacerdotale don Pasquale è stato una presenza importante. Un secondo motivo per cui ho accettato di fare questa piccola riflessione è il legame con le Comunità che lui ha servito e che io ho servito e sto servendo: questa di Regina Pacis e la Comunità di San Paolo in Rho dove lui è stato Parroco dal 1975 al 1986.

Nelle Messe di saluto ai sacerdoti e ai Vescovi, la liturgia propone come letture, due brani della Passione di Luca e di Matteo. Mi sono chiesto: perché proprio la Passione? Alla fine ho capito: la Passione è la sintesi, il concentrato, di tutto il Vangelo, è il compimento di una vita che si è fatta dono fino al gesto estremo e inequivocabile. Lo “spettacolo” della Croce è il passaggio che segna in modo universale e indelebile la storia del mondo e dell’umanità. Il Calvario è il “crocevia” della Speranza.

Ho pensato che la Passione è la sintesi della vita di Gesù e, al tempo stesso, la Passione di Gesù è la sintesi e il motivo più alto e autorevole per la vita di un sacerdote, chiamato a rendere il suo umile e sincero servizio al Vangelo di Gesù: “Chi è il più grande tra voi – dice – diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve.”

E così ho pensato e capito che nella Passione di Gesù trova conferma e certezza il Ministero del Sacerdote, chiamato a spezzare il Pane della vita per diventare lui stesso pane di vita per i propri fratelli e sorelle: “Preso un calice, rese grazie e disse: Prendetelo e distribuitelo tra voi” Poi preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me.”

Ho pensato: quante volte don Pasquale ha preso tra le sue mani questo Pane e questo Calice, quante volte ha ripetuto le parole dell’Ultima Cena, quante volte ha spezzato il pane e invitato i fratelli a “mangiare” il Corpo di Gesù? Quante volte, con il suo sorriso, ci ha fatto gustare la gioia di un incontro che ti cambia la vita? Quante volte? Tante, tantissime, infinte volte, ogni giorno! E ricordo, in modo particolare, oltre alle Messe sempre ben curate, ricordo le adorazioni del primo Venerdì a cui lui teneva veramente tanto.

Ho pensato: dove avrà trovato, questo tuo Pastore e servo fedele, la capacità e la saggezza di guardare sempre e nonostante tutto avanti? Ho trovato una risposta lì, nella Passione: “Voi siete – dice Gesù – quelli che avete perseverato con me nelle mie prove.” Ecco, la risposta, ecco dove ha trovato la saggezza: nella perseveranza. Senza perseveranza, non c’è futuro…

E da dove veniva questa perseveranza? Cosa e chi gli avrà dato la forza di rimanere fedele alla sua Vocazione, anche nei momenti più difficili, non ultimi, quelli della malattia? La risposta è chiara: nel raccoglimento interiore e nella preghiera. Martedì scorso, quando sono andato a trovarlo, insieme a don Felice, guardandoci negli occhi e congiungendo le mani, ha detto: datemi una benedizione, pregate per me. Io prego per voi. Mi sono commosso. Ho capito lì, il segreto della perseveranza: le mani giunte, la preghiera.