Testimonianza di Giordano, che ha partecipato alla serata organizzata da Avsi Saronno per spiegare il progetto “Ospedali aperti”.

“Mi ha colpito il fatto che l’oratore ha chiarito che le ONG considerano evidentemente fuori portata l’obiettivo di fermare la guerra, ma non rinunciano a tenere desta la speranza, ricreando spazi limitati ma concreti di normalità. Scuole materne in cui i piccoli vivano per qualche ora sereni, ospedali che tentino di guarire i sofferenti e li seguano dopo il ritorno a casa, che spesso è una tenda o lo scheletro di palazzi privi ormai di infissi, impianti elettrici e sanitari, ecc.
“Ospedali Aperti” nasce a fine 2016 nella testa e nel cuore del card. Zennari che ha l’intuizione di rimettere in funzione 3 strutture ospedaliere non profit (2 a Damasco e 1 ad Aleppo), proprietà di congregazioni religiose, rimaste miracolosamente intatte e fortemente sotto-occupate in un Paese in cui il 50% degli ospedali e del personale sanitario è venuto meno, distrutti i primi, riparati all’estero i secondi.
Zennari rischia e si muove per trovare i mezzi finanziari ad organizzare un servizio gratuito aperto a tutti senza distinzioni di etnia, religione, appartenenza “politica”, purché bisognosi.

Egli affida a Fondazione Avsi il ruolo di supporto tecnico al progetto e la Fondazione Policlinico Universitario Gemelli contribuisce, come partner scientifico/sanitario, offrendo formazione e sostegno economico. L’obiettivo è di curare almeno 40.000 persone in tre anni (equivalenti a circa 202.000 giorni di ricovero gratuito), dando precedenza ai più deboli. La macchina si mette in moto il 1° luglio 2017.

A fine gennaio 2018 si contano 1.360 pazienti presi in carico e curati gratuitamente, con una prevalenza di interventi chirurgici rispetto agli esami diagnostici e alle prestazioni ambulatoriali.

Una convinzione è maturata dall’esperienza: il nemico è uno solo, la guerra.

L’unico modo per cercare di prevenire che ne scoppi un’altra dopo la fine di questa è non lasciare sul terreno semi di discordia. Perciò chi opera è rigidissimo nell’offrire quel poco che può in modo non discriminante: si curano tutti quelli che incontrano, sunniti, sciiti, protestanti, cattolici, siriani, stranieri, governativi, ribelli vari.
Questo progetto è un segno di speranza per una popolazione civile che paga il prezzo più alto di una violenza senza tregua”.

Per qualche notizia in più e per fare una donazione: https://www.avsi.org/it/campaign/siria-ospedali-aperti/1/