Abbiamo ascoltato ieri la testimonianza dei genitori di Marco Gallo, tragicamente scomparso all’età di 17 anni il 5 novembre 2011.

Ci hanno restituito l’immagine di un ragazzo appassionato della vita, anche audace nelle scelte e nelle esperienze che decideva di intraprendere. L’audacia gli arrivava dal poggiare la sua forza e la sua vita sulla presenza e sull’amore di un Altro, di Gesù.

Era attento ai fatti che gli succedevano, non come frutto del caso, ma come occasioni per coinvolgersi nella vita, per capirne il significato e il nesso con l’infinito. Un cuore aperto, uno sguardo spalancato sulla realtà. Senza censurare nulla.

E in tutto quel che faceva era libero, non perché tutto si può fare, ma perché era in compagnia del Signore. Un cuore teso e alla ricerca, libera, di qualcosa di abbastanza grande da soddisfare la vita.

Una vita che in quei brevi anni gli era diventata una cosa appassionante, perché tutta dentro la sapienza del Mistero di Dio. “Solo dal mistero io dipendo”, come ebbe a scrivere.

Continua a leggereOgni giorno scegli tu dove guardare

Domenica 6 febbraio la Chiesa celebra la Giornata della Vita e vi offriamo qui qualche spunto del Messaggio della Cei.

“La pandemia ha messo in luce numerose fragilità a livello personale, comunitario e sociale. (…) emerge però con rinnovata consapevolezza l’evidenza che la vita ha bisogno di essere custodita.

(…) nessuno può bastare a sé stesso. (…) Ciascuno ha bisogno che qualcun altro si prenda cura di lui, che custodisca la sua vita dal male, dal bisogno, dalla solitudine, dalla disperazione.

Il nostro pensiero va innanzitutto alle nuove generazioni e agli anziani. Le prime hanno subito importanti contraccolpi psicologici, con l’aumento esponenziale di diversi disturbi della crescita; molti adolescenti e giovani non riescono tuttora a guardare con fiducia al proprio futuro. Anche le giovani famiglie hanno avuto ripercussioni negative dalla crisi pandemica. Tra le persone anziane, non poche si trovano ancora oggi in una condizione di solitudine e paura, faticando a ritrovare motivazioni ed energie per uscire di casa.

(…) Dinanzi a tale situazione, Papa Francesco ci ha offerto San Giuseppe come modello di coloro che si impegnano nel custodire la vita: “Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà” (Patris Corde). Nelle diverse circostanze della sua vicenda familiare, egli costantemente e in molti modi si prende cura delle persone che ha intorno, in obbedienza al volere di Dio. Pur rimanendo nell’ombra, svolge un’azione decisiva nella storia della salvezza, tanto da essere invocato come custode e patrono della Chiesa.

(…) La risposta che ogni vita fragile silenziosamente sollecita è quella della custodia. Come comunità cristiana facciamo continuamente l’esperienza che quando una persona è accolta, accompagnata, sostenuta, incoraggiata, ogni problema può essere superato o comunque fronteggiato con coraggio e speranza.

Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato! La vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato (…). È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene” (Papa Francesco, Omelia, 19 marzo 2013).

Continua a leggereCustodire ogni vita

La vita è promessa, la bella promessa di Dio.

“Un davanzale poteva essere qualcosa di terribile, a un balzo dalla morte. Ma al davanzale ci si poteva anche affacciare per guardare fuori il cielo, i monti lontani, la notte stellata, la forma delle nuvole e gli uccelli, i tetti, la neve, un lago di nebbia, la gente, la vita.” (Sara Allegrini, Mina sul davanzale)

Il davanzale al quale guardare al futuro, anche in quest’ora. Il futuro che non è un rischio, ma è colmo della promessa di Dio.

“Vieni al davanzale, amore, posa la testa alla mia e vedi quale inclinazione ha il mondo, dove vanno a finire le colline, i giorni, le persone.” (Davide Rondoni)

Continua a leggereAl davanzale della vita

Svolazzare non è volare.
Volare è andare, partire, mirare alto. Svolazzare è farsi un giro, perdere tempo, stare un po’ alto ma anche un po’ basso, far finta di andarsene ma anche di tornare.

Chi svolazza non parte e non torna. Non va da nessuna parte. Svolazzare è inconcludente: non conclude. È un cerchio non completo, lasciato aperto.

C’è chi dice: io volo!
E c’è chi dice: io svolazzo… ben diverso.
I primi mettono il punto esclamativo alla vita, i secondi usano i puntini di sospensione.”

(da E se covano i lupi, di Paola Mastrocola)

Ecco, anche in momenti come questi, ricordiamoci di volare, di essere protagonisti di quello che accade. Stiamo in casa, sì, come ci è chiesto, ma con l’animo vigile, lo sguardo attento, la mente aperta alle possibilità di un aiuto, di una telefonata, di una lettura spirituale.

Continua a leggereVola! (punto esclamativo)

Oggi giornata della vita! Un gran traffico stamattina attorno al banco torte e primule presente sul sagrato. Una bella gara tra chi porta le torte delle mamme e chi le prende per gustarle in famiglia. E l’impegno di volontari, alcuni giovanissimi.

Comunità viva.

“Il futuro sono i bambini. Una crisi demografica interminabile sembra desertificare il nostro Paese e ne sta cambiando la fisionomia. (…) Prevalgono interessi individualistici. Siamo autorizzati a pensare e a ripensare criticamente le nostre scelte.” (Delpini, dal Discorso alla città, 7 dicembre 2019)

Coraggio! Coraggio ai genitori, alle coppie affidatarie e adottive, a chi purtroppo non potrà mai avere figli, ai nonni, a chi assiste alle mamme in difficoltà nei CAV.

La vita ci appassiona.

Continua a leggereBenvenuti bambini!

Domenica 3 febbraio la Chiesa celebra la Giornata della vita. Don Fabio propone una riflessione attorno ai grandi temi della vita, dell’aborto, ecc. alla luce delle ultime notizie sul fronte legislativo uscite in questi ultimi giorni.

Spegnere volontariamente la vita nel suo sbocciare è, in ogni caso, un tradimento della nostra vocazione.

Ed è anche il tradimento del patto che lega tra generazioni, quel patto che consente di guardare avanti con speranza.

Sì, dove c’è vita, c’è speranza!

Ma se la vita stessa è violata nel suo sorgere, ciò che rimane non è più l’accoglienza grata e stupita di un dono, ma un freddo calcolo di quanto si ha e di ciò di cui si può disporre. E così la vita si riduce a bene di consumo. Come è drammatica questa visione, presentata anche come un diritto umano, e quante sofferenze causa ai più deboli dei nostri fratelli! (Cfr. Papa Francesco nel messaggio per la Giornata della vita)

Ed ecco alcuni spunti da Avvenire su una realtà se non taciuta, almeno non conosciuta.

“È passata quasi sotto silenzio nei media italiani una notizia agghiacciante: l’approvazione a New York di un testo di legge che permette l’aborto oltre la 24esima settimana, senza limite alcuno di tempo. Personalmente ho fatto fatica a leggere la notizia fino in fondo, perché, da medico, (Mariolina Ceriotti Migliarese) non posso far finta di non sapere ciò che questo significa.

Ora, con questo ultimo passaggio che porta il tema dell’aborto alle sue estreme ma naturali conseguenze, il gioco è per sempre scoperto.

Povera cosa è dunque oggi più che mai un figlio: povera cosa, ridotta ad oggetto, privata di ogni identità personale e di ogni difesa. E povera cosa diventano le madri, se possono assumere nei confronti dei loro figli questo terribile diritto di vita e di morte, senza essere aiutate a capire in modo inequivocabile ciò di cui si stanno facendo protagoniste”.

“Il 31 dicembre 2018 la ministra della Salute, Giulia Grillo, in ottemperanza all’art. 16 della legge 194/1978 ha presentato l’annuale relazione, con i dati del 2017, della norma che ha legalizzato l’aborto. Secondo tale relazione, gli aborti legali sarebbero diminuiti fino alla cifra di 80.733 e la legge avrebbe funzionato perfettamente. Questo, come ha titolato ‘Avvenire’ domenica 20 gennaio 2019, è l’«aborto che si vede».

La prima domanda è: ‘È proprio vero che gli aborti sono diminuiti?’. Secondo la stessa relazione ministeriale nel 2017 state vendute 224.432 confezioni di EllaOne (pillola dei cinque giorni dopo) contenete Ulipistral acetato e 339.648 confezioni di Norlevo e Levonelle (pillola del giorno dopo) contenente il principio attivo Levonogestrel. Un grande aumento rispetto agli anni precedenti. Questi prodotti, contrabbandati come «contraccettivi di emergenza», in realtà sono idonei ad alterare la mucosa uterina in modo da respingere e quindi uccidere l’embrione già formato (come risulta dai pareri del Comitato nazionale per la Bioetica e dell’Istituto superiore di Sanità, confermati da studi internazionali)

La seconda domanda è quella più conturbante, perché mette in crisi il giudizio di un perfetto funzionamento della legge: ‘Il concepito è un essere umano?’. La risposta positiva è stata data più volte dal Comitato nazionale di Bioetica, ma anche dalla Corte costituzionale, e proprio nel momento stesso in cui ha legittimato l’aborto volontario (sentenza n. 27 del 1975) e quando nel 1997 (sentenza n. 35) ha affermato che il riconoscimento del diritto alla vita del concepito è contenuto anche nell’art. 1 della legge 194/1978. Più recentemente, nelle sentenze 229 del 2015 e 84 del 2016, la Corte ha ribadito che l’embrione umano non è una cosa; dunque è qualcuno. (Marina Casini Bandini – Presidente del Movimento per la Vita italiano)”.

E infine ancora la voce del Papa, che accenna al tema del fine vita.

“La Giornata per la vita, istituita 41 anni fa per iniziativa dei Vescovi italiani, mette in luce ogni anno il valore primario della vita umana e il dovere assoluto di difenderla, a partire dal suo concepimento fino al suo naturale spegnersi.

E su questo vorrei fare una sottolineatura.

Prendersi cura della vita esige che lo si faccia durante tutta la vita e fino alla fine. Ed esige anche che si ponga attenzione alle condizioni di vita: la salute, l’educazione, le opportunità lavorative, e così via; insomma, tutto ciò che permette a una persona di vivere in modo dignitoso. “

Continua a leggereVita e…vocazione. Non tradire la realtà

Mi chiedi solo di credere, di fidarmi di te, di non aver paura delle tempeste della vita.

Mi dici che tu ci sei…

Fidarmi di te però non è facile, non è per niente scontato.

Lo sai bene, Signore, e per questo mi sussurri: “Coraggio, sono io! Non temere. Io ci sono e ti salverò: non avere paura.”

Anche se la tua barchetta non dovesse reggere alla tempesta, se tu dovessi andare a fondo, colare a picco sommerso dalle onde della vita, io sarò con te, sempre.

Non ti lascerò mai.

Io sono lì: sul fondo più profondo del tuo mare, nell’abisso più oscuro delle tue paure, io sono proprio lì.

Fidati di me.

Continua a leggereFidati

Dopo il fine settimana in cui ci si concede qualche ora di sonno in più, il lunedì, per tanti, è dura. Il dovere della scuola o del lavoro chiama. Ma spesso lo viviamo con fatica.

Invece, il lunedì è bello perché tutto ha la possibilità di ricominciare.

Ogni lunedì della nostra vita inaugura una settimana di “opere e giorni”, come il titolo dell’opera del poeta antico Esiodo. Egli scriveva di epica e chi ricorda gli studi dell’Odissea, dell’Iliade e di altri poemi ha in mente la scena immancabile del concilio degli dèi, che dall’alto sulle nubi decidevano la sorte di uomini e battaglie.

I nostri lunedì acquistano senso se traggono forza e origine da uno sguardo dall’alto, lo sguardo di un Dio provvidente e previdente.

Solo così il lunedì diventa l’attacco giusto per suonare un pezzo meraviglioso.

Un lunedì che dà tono e ritmo se affonda le sue ragioni in quel benedetto riposo domenicale, che per i cristiani ha il suo cuore nella Messa.

Sì, perché se il sipario si alza, non possiamo improvvisare a suonare ..se non ci siamo fermati alla fonte vera, dove impariamo anzitutto ad amare.

Fermarsi ad amare…per amare sempre.

Amare h.24 e 7/7, su qualsiasi palco, la scuola, la casa, il lavoro.

Buon lunedì.

Continua a leggereAmare il lunedì

“Come posso io, non celebrarti vita? Oh, vita, oh, vita…”

Un inno alla vita, canta Jovanotti nella sua ultima canzone.

“Ascolto le storie, disposto a crederci un po’, che siamo figli di qualcuna….il resto è tutto da fare”.

Ciascuno è frutto di una storia; e ogni storia è una storia d’amore, per citare il titolo dell’ultimo romanzo di uno scrittore che piace tanto anche ai ragazzi.

Il resto però è il compito della vita. Frutto di una scoperta, non di una scelta a priori.

“Non sono qui per il gusto, per la ricompensa, ma per tuffarmi da uno scoglio dentro all’esistenza.”

Vivere… e non vivacchiare.

Dentro alle pieghe di ogni giorno, dentro agli occhi di chi ci guarda, dietro alla voce di chi ci parla.

Continua a leggereCome posso io ….

Domenica 4 febbraio è la Giornata per la Vita

Ecco il messaggio del Consiglio Episcopale Permanente

L’amore dà sempre vita”: quest’affermazione di papa Francesco, che apre il capitolo quinto dell’Amoris laetitia, ci introduce nella celebrazione della Giornata della Vita 2018, incentrata sul tema “Il Vangelo della vita, gioia per il mondo”.

Vogliamo porre al centro della nostra riflessione credente la Parola di Dio, consegnata a noi nelle Sacre Scritture, unica via per trovare il senso della vita, frutto dell’Amore e generatrice di gioia. La gioia che il Vangelo della vita può testimoniare al mondo, è dono di Dio e compito affidato all’uomo; dono di Dio in quanto legato alla stessa rivelazione cristiana, compito poiché ne richiede la responsabilità.

Formati dall’Amore

La novità della vita e la gioia che essa genera sono possibili solo grazie all’agire divino. È suo dono e, come tale, oggetto di richiesta nella preghiera dei discepoli: “Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv. 16,24).

La grazia della gioia è il frutto di una vita vissuta nella consapevolezza di essere figli che si consegnano con fiducia e si lasciano “formare” dall’amore di Dio Padre, che insegna a far festa e rallegrarsi per il ritorno di chi era perduto (cfr. Lc 15,32); figli che vivono nel timore del Signore, come insegnano i sapienti di Israele: «Il timore del Signore allieta il cuore e dà contentezza, gioia e lunga vita» (Sir 1,10). Ancora, è l’esito di un’esistenza “critica”, abitata dallo stesso sentire di Gesù, secondo le parole dell’Apostolo:

«Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù», che si è fatto servo per amore (cfr. Fil 2,5-6). Timore del Signore e servizio reso a Dio e ai fratelli al modo di Gesù sono i poli di un’esistenza che diviene Vangelo della vita, buona notizia, capace di portare la gioia grande, che è di tutto il popolo (cfr. Lc 2,10-13).

Il lessico nuovo della relazione

I segni di una cultura chiusa all’incontro, avverte il Santo Padre, gridano nella ricerca esasperata di interessi personali o di parte, nelle aggressioni contro le donne, nell’indifferenza verso i poveri e i migranti, nelle violenze contro la vita dei bambini sin dal concepimento e degli anziani segnati da un’estrema fragilità. Egli ricorda che solo una comunità dal respiro evangelico è capace di trasformare la realtà e guarire dal dramma dell’aborto e dell’eutanasia; una comunità che sa farsi “samaritana” chinandosi sulla storia umana lacerata, ferita, scoraggiata; una comunità che con il salmista riconosce: «Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 16,11).

Di questa vita il mondo di oggi, spesso senza riconoscerlo, ha enorme bisogno per cui si aspetta dai cristiani l’annuncio della buona notizia per vincere la cultura della tristezza e dell’individualismo, che mina le basi di ogni relazione.

Punto iniziale per testimoniare il Vangelo della vita e della gioia è vivere con cuore grato la fatica dell’esistenza umana, senza ingenuità né illusorie autoreferenzialità.

Il credente, divenuto discepolo del Regno, mentre impara a confrontarsi continuamente con le asprezze della storia, si interroga e cerca risposte di verità.

In questo cammino di ricerca sperimenta che stare con il Maestro, rimanere con Lui (cfr. Mc 3,14; Gv. 1,39) lo conduce a gestire la realtà e a viverla bene, in modo sapiente, contando su una concezione delle relazioni non generica e temporanea, bensì cristianamente limpida e incisiva.

La Chiesa intera e in essa le famiglie cristiane, che hanno appreso il lessico nuovo della relazione evangelica e fatto proprie le parole dell’accoglienza della vita, della gratuità e della generosità, del perdono reciproco e della misericordia, guardano alla gioia degli uomini perché il loro compito è annunciare la buona notizia, il Vangelo.

Un annuncio dell’amore paterno e materno che sempre dà vita, che contagia gioia e vince ogni tristezza.

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