Aperta da ieri, presso Casa di Marta, la mostra “Come mangiavano in trincea” che presenta le fatiche – e l’ingegno– dei nostri soldati, nella guerra del 1915-18, per poter mangiare e aver la forza di combattere.

Un’iniziativa di cultura, dentro alla proposta “Cibo & Carità”, che dal mese di ottobre ci sta offrendo modalità diverse per riflettere sul bisogno alimentare e su ciò che sostiene l’uomo, nel corpo e nello spirito.

E proprio lo spirito, lo stato d’animo dei soldati è ben espresso nelle due poesie lungo il percorso della mostra, due celebri opere di Ungaretti.

Il poeta, volontario in guerra sul fronte italiano e francese, come soldato semplice, vive da vicino l’esperienza della morte, vedendo tanti, colpiti dal fuoco delle mitragliatrici, cadere morti come le foglie in autunno (Si sta come / d’autunno / sugli alberi / le foglie).

Ma tutto questo non lo annienta, anzi gli fa amare ancora di più la vita.

L’uomo non si può accontentare di soddisfare un bisogno fisico, altrimenti sarebbe una bestia.

Il cuore aspira all’infinito.

Lo dice bene in “Veglia”, riprodotta in mostra.

Un’intera nottata
Buttato vicino
A un compagno
Massacrato
Con la bocca
Digrignata
Volta al plenilunio
Con la congestione
Delle sue mani
Penetrata
Nel mio silenzio
Ho scritto
Lettere piene d’amore

Non sono mai stato
Tanto
Attaccato alla vita.

Consigliamo a tutti una visita, invitando soprattutto i più giovani.

La mostra resta aperta il fine settimana, 10-11 novembre e 17-18 novembre, dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.30.

Ingresso libero.

In settimana visite su prenotazione al n. 02 962 01 87.

Qui sotto una breve gallery

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Continua a leggereLa guerra, i soldati, il rancio: attaccati alla vita

L’incontro con Cristo, il lasciarsi afferrare e guidare dal suo amore allarga l’orizzonte dell’esistenza, le dona una speranza solida che non delude.

La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino.

All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna“. (Papa Francesco)

Cristo si avvicina, ti accompagna personalmente, Gesù bambino è questa presenza luminosa nella comunità, nella sua bellezza e nei suoi drammi.

Fascia le ferite, accompagna la gioia.

La nostra comunità di Regina Pacis, la Comunità pastorale sono segno fragile della sua Presenza nella Chiesa tutta.

Continua a leggereIl cammino di Avvento

Bella occasione dal 21 al 29 ottobre nel Salone della Prepositurale per vedere la riproduzione di alcune opere del pittore americano William Congdon. Qui di seguito alcuni spunti per conoscerlo.

VITA: MOMENTI ESSENZIALI

Congdon nasce nel 1912 da famiglia benestante e raggiunge il successo come pittore negli anni ’50.

La sua vita ha una prima svolta nel 1945; è uno dei primi ad entrare nel campo di concentramento di Bergen Belsen per portare soccorso ai superstiti. Ne resta profondamente colpito.

Dopo alcuni anni a New York, torna in Europa, in Italia, e, a Venezia, lo splendore puro della città, fatta di luce e acqua, lo seduce al punto da far spazio nel nero dei primi dipinti ad un disco di luce.

Per lui comincerà un percorso che scava dentro la sua irrequietezza, dentro la sua ricerca di felicità, e che lo porta alla conversione al cattolicesimo nel 1959.

CONVERSIONE: LA VERA SVOLTA

“Una conversione, non di quelle spettacolari, quelle dipinte dei grandi pittori (La chiamata di Levi-Matteo, La caduta di Saulo-Paolo da cavallo). È il percorso del Nicodemo del Vangelo“, così lo definisce il professor Sergio Beato alla serata di presentazione della mostra.

Un percorso che dura vari anni, quello di Nicodemo, uno dei membri del sinedrio, che va a trovare Gesù di notte, resta affascinato  dalle sue parole, e in qualche modo queste lo segneranno dentro, al punto che sarà presente alla deposizione del Signore.

William Congdon ha ‘combattuto’ forse allo stesso modo di Nicodemo, tra la lealtà a ciò che aveva visto e lo scetticismo di una società dove la fede cristiana veniva meno.

L’OSSESSIONE DEL CROCIFISSO

Il crocifisso diverrà la sua ossessione. Ne dipingerà più di 200.

In essi, la testa del Cristo è sempre reclinata, su un abbozzo di corpo. Non si intravede mai un volto, perché lo spettatore non si distragga.

Il volto del Cristo ha il volto di tutta l’umanità sofferente, che egli vede nelle periferie esistenziali del mondo.

DAI SUOI SCRITTI

“La nascita dell’opera d’arte è come il miracolo della conversione cristiana: è opera di un Altro.”

“L’artista deve morire per partorire le cose afferrate in lui e diventate immagine, mentre il cristiano deve “morire” per essere ripartorito da Cristo.”

“Sacra è l’arte di quell’uomo che apre con la sua bellezza al mistero della vita, fino a Dio.”

“Il Crocifisso non mi interessa come soggetto religioso da rappresentare, ma come dimensione di vita che sfocia nel segno della morte e risurrezione di Cristo. La strada, una qualsiasi, è sempre Cristo.”

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