Ieri sera, in oratorio, abbiamo accolto la testimonianza di due giovani, Elisabetta ed Enrico, che ci hanno raccontato della loro esperienza all’Alecrim, associazione di volontariato nata per condividere dei momenti con i ragazzi disabili (soprattutto la domenica, facendoli giocare, cantare, ecc.).

Enrico esordisce con una parola forte, gioia.

Alecrim per me è un luogo di gioia, dove si respira una felicità impressionante e immediata. Passano gli anni, cambiano le persone che si avvicendano nella cura dei disabili, ma l’esperienza che si può vivere è la stessa. “

ci si sente a casa. È un luogo dove il proprio io si apre. E dove il desiderio di un’amicizia vera e reale, (concreta) con il disabile che viene affidato alle proprie cure è possibile.

“Conoscere il proprio disabile porta un fiume di bene dentro la propria vita. L’Alecrim aiuta a crescere, a cambiare.”

Infatti, il modo in cui uno comincia a guardare i disabili a poco a poco cambia lo sguardo verso tutto quello che si vive ogni giorno. Cambia lo sguardo verso i parenti, i colleghi, gli amici.

Cambia il rapporto con tutto, solo se il cuore ha un luogo, un punto dove poter riposare e poter ripartire.

Per Elisabetta ed Enrico questo luogo è l’Alecrim.

E di fronte a situazioni in cui la realtà si oppone, ci fa resistenza, l’unica strada è provare a cambiare se stessi. Più che cambiare gli altri.

Interrogarsi su cosa è dato – in quella occasione – per crescere.

Come è possibile tutto questo? È possibile solo se si percepisce un amore gratuito, una preferenza, uno sguardo buono su di sé e su quello che si è.

E si impara ad essere più umani, ad essere di più se stessi.

E la fede cosa c’entra?

Chi ha fede, chi ha una fede viva, specie tra i ragazzi disabili che aiutiamo, è più pronto, è più forte, vive con più intensità, tutto”. Una vitalità incredibile.

La sorgente segreta di questa felicità è il volto di Gesù.

“Andando all’Alecrim ho imparato a riconoscere il volto di Gesù dentro alle loro facce, come è dentro alle vostre.”