Alcune parole chiave per l’anima

(rielaborazione dal diario di Martina Ferre’)
 

ATTESA

Alla partenza tutti abbiamo nel cuore l’attesa. Quel sentimento forte e bello che rende attenti, vigili; la disposizione giusta che serve per andare “con gli occhi dei discepoli”.

 

VITA VERA E LUCE

Da Betlemme al Cenacolo, il Padre nostro, l’Ave Maria, l’Angelo di Dio prendono vita. Sulle orme di un fatto storico.

Qui è cambiata la storia, è iniziata la vita vera. Il cuore si commuove al punto che non può dire a parole ciò che vive.

Ci aiuta un’immagine, quella della luce.

Luce del sole che caldo illumina le giornate fin dal primo mattino.

Luce negli occhi commossi di fronte al luogo dove è nato Gesù.

Luce delle candele che ognuno ha in mano durante la processione.

Il nostro compito e’ di essere luce; per testimoniare la bellezza, l’amore, il bene; per testimoniare che quel bambino ha cambiato il mondo, e ognuno di noi. E quando arriva la sera, la luce è una certezza: rimane nel cuore.

 

COMUNIONE

La testimonianza di Francesco Patton, Custode della Terra Santa, parla di dialogo e di rispetto reciproco, fondamentali per incontrare l’altro. E che questa terra sia un luogo di incontro è molto chiaro, fin dall’entrata nella Basilica del Santo Sepolcro, dove, tra pellegrini e turisti, c’è chi prega, chi curioso si affaccia a vedere, chi si mette in fila per un momento di raccoglimento.

Questo è davvero il luogo della fede di tutti, l’immagine della Chiesa che parla tutte le lingue del mondo.

E’ così che verifichiamo la nostra fede: nell’incontro, nel senso di comunione che cresce, più forte, giorno dopo giorno, e parte dai piccoli gesti, dalle attenzioni, dalle fatiche condivise e dal ritrovarsi in cerchio a raccontare le emozioni della giornata e a cantare un po’ con la chitarra. Diventa vera la frase di don Fabio “ricordatevi che il Cristianesimo non concepisce la solitudine, ma cerca continuamente la comunione.”

 

SILENZIO

Al Getsemani, domina il silenzio che scorre nelle crepe dei tronchi d’ulivo del giardino. Uno di questi mi colpisce: secco, morto a prima vista, ma poi, guardando meglio, in alto, porta un ramoscello di ulivo, piccolo segno di vita. Così accade a noi: se nel corso della vita ci allontaniamo da Dio, sempre dobbiamo avere la certezza del Suo perdono.

L’ora di cammino tra le rocce del deserto ci permette di pensare a tante cose, ma soprattutto ci insegna ad abitare il silenzio. Viene in mente una canzone: “Mia roccia, Tu sei, pace e conforto mi dai”. E, camminando uno dietro all’altro, e’ come un’eco che ci accompagna.

 

POVERTA’

A Nazareth, vicina a Sefforis, città ricca di antiche domus romane, dagli splendidi mosaici, vediamo la povertà dei luoghi in cui Gesù ha incontrato i suoi. E don Fabio ci richiama: “A volte non abbiamo tanto, ma siamo chiamati a dare quello che abbiamo, la nostra povertà. Il Cristianesimo non si compie attraverso lo sforzo dell’uomo, ma attraverso la grazia di Dio”.

La tappa sui luoghi dove Pietro riconobbe l’amico e Maestro, e per tre volte gli ricordò quanto bene gli voleva, e dove lo stesso Pietro tempo prima lo aveva  per tre volte rinnegato, ci ricorda che “Il Cristianesimo non è una faccenda per uomini perfetti. La moralità cristiana non è la perfezione, la coerenza assoluta, ma la continua ripresa del cammino. L’uomo è sempre nella possibilità di riprendere il cammino. Gesù ti ripesca sempre, di nuovo ti prende con sé, il suo amore ci dice: il tuo continuo guardarmi e il tuo stare con me aprono una breccia nel mio cuore.” (Don Fabio)

 

DIRE SI’

L’ultimo giorno, basilica dell’Annunciazione: all’Angelus ciascuno si ritaglia un po’ di spazio, in silenzio e chiede di poter essere sempre capace di dire sì, come Maria. Una delle prove più difficili. Eppure arriva un momento in cui chiedersi: “continuo a lasciarmi vivere o prendo in mano i pezzi della mia vita e comincio a vivere davvero?”.

Questo chiedo alla fine del viaggio: di saper vivere. E di vivere nel Suo nome.